giovedì 12 gennaio 2012
Puntare sul recupero per ridurre l'affollamento delle carceri
ricevo e pubblico:
Torna alla ribalta delle cronache il problema mai risolto del sovraffollamento degli istituti penitenziari, con la protesta dei sei detenuti che si sono autolesionati domenica scorsa nel carcere di Parma.
Il piano carceri datato Gennaio 2010, con tanto di dichiarazione di stato d'emergenza e relativo commissario, è in forte ritardo in Emilia-Romagna.
Questi episodi di protesta, sempre più frequenti, testimoniano la crisi del sistema penitenziario e la difficile posizione del personale di controllo, che viene lasciato in balia di eventi straordinari (suicidi, autolesionismo, aggressioni e danneggiamenti).
Niente viene fatto per ridurre le sofferenze dei detenuti (ricordiamo che la metà è in carcere in attesa di giudizio, quindi non ancora dichiarata 'colpevole') e per alleggerire il difficile lavoro delle guardie carcerarie.
La situazione è di fatto insostenibile e non fa altro che innescare una catena di problematiche, dalla precarietà delle condizioni igieniche, all'inadeguatezza degli alloggi, che esasperano lo stato dei detenuti, mettendo in difficoltà il personale di controllo in carenza di organico (a Parma mancherebbero circa 170 Agenti). Il numero ridotto di agenti impedisce inoltre ai detenuti di godere di alcuni diritti, come ad esempio effettuare una visita medica in ospedale o godere dell'ora d'aria. Al personale, d'altro canto, viene chiesto di operare con mezzi inadeguati e praticamente in assenza delle dotazioni più elementari. Questa situazione non potrà essere sostenuta ancora a lungo.
E' chiaro che non è aumentando la capienza delle carceri, che si può risolvere il problema, ma che sia necessario ripensare il sistema detentivo e di recupero, in una chiave più attiva e meno punitiva, anche se, a questo punto, ogni metro quadro in più di spazio sarebbe importante.
Noi pensiamo che non sia questo il modo giusto per reintegrare nella società chi ha commesso dei reati. Visto il crescente taglio di servizi, chi è in carcere potrebbe lavorare o svolgere attività socialmente utili, come ad esempio avviene in Germania, effettuando la pulizia dei parchi, la manutenzione straordinaria delle scuole, la pulizia dei corsi d’acqua o dei boschi, ovviamente questo necessiterebbe di ulteriore organico, ma potrebbe rendere il periodo di pena utile, sia per la società, che per i detenuti, che potrebbero imparare un lavoro e dare un senso alla pena.
Andrebbe inoltre approfondito l'utilizzo deI Fondo Sociale Europeo (oltre 500.000 € per il solo 2010) dedicato ai percorsi formativi per i detenuti, a Parma il costo è 1.000 € per detenuto, mentre a Modena la cifra sale a 4.500 €.
Solo facendo un percorso di formazione e di reinserimento, queste persone potrebbero essere veramente recuperate, abbassando l’imbarazzante tasso di recidività del nostro sistema penale.
Federico Pizzarotti - Movimento 5 Stelle ParmaIl piano carceri datato Gennaio 2010, con tanto di dichiarazione di stato d'emergenza e relativo commissario, è in forte ritardo in Emilia-Romagna.
Questi episodi di protesta, sempre più frequenti, testimoniano la crisi del sistema penitenziario e la difficile posizione del personale di controllo, che viene lasciato in balia di eventi straordinari (suicidi, autolesionismo, aggressioni e danneggiamenti).
Niente viene fatto per ridurre le sofferenze dei detenuti (ricordiamo che la metà è in carcere in attesa di giudizio, quindi non ancora dichiarata 'colpevole') e per alleggerire il difficile lavoro delle guardie carcerarie.
La situazione è di fatto insostenibile e non fa altro che innescare una catena di problematiche, dalla precarietà delle condizioni igieniche, all'inadeguatezza degli alloggi, che esasperano lo stato dei detenuti, mettendo in difficoltà il personale di controllo in carenza di organico (a Parma mancherebbero circa 170 Agenti). Il numero ridotto di agenti impedisce inoltre ai detenuti di godere di alcuni diritti, come ad esempio effettuare una visita medica in ospedale o godere dell'ora d'aria. Al personale, d'altro canto, viene chiesto di operare con mezzi inadeguati e praticamente in assenza delle dotazioni più elementari. Questa situazione non potrà essere sostenuta ancora a lungo.
E' chiaro che non è aumentando la capienza delle carceri, che si può risolvere il problema, ma che sia necessario ripensare il sistema detentivo e di recupero, in una chiave più attiva e meno punitiva, anche se, a questo punto, ogni metro quadro in più di spazio sarebbe importante.
Noi pensiamo che non sia questo il modo giusto per reintegrare nella società chi ha commesso dei reati. Visto il crescente taglio di servizi, chi è in carcere potrebbe lavorare o svolgere attività socialmente utili, come ad esempio avviene in Germania, effettuando la pulizia dei parchi, la manutenzione straordinaria delle scuole, la pulizia dei corsi d’acqua o dei boschi, ovviamente questo necessiterebbe di ulteriore organico, ma potrebbe rendere il periodo di pena utile, sia per la società, che per i detenuti, che potrebbero imparare un lavoro e dare un senso alla pena.
Andrebbe inoltre approfondito l'utilizzo deI Fondo Sociale Europeo (oltre 500.000 € per il solo 2010) dedicato ai percorsi formativi per i detenuti, a Parma il costo è 1.000 € per detenuto, mentre a Modena la cifra sale a 4.500 €.
Solo facendo un percorso di formazione e di reinserimento, queste persone potrebbero essere veramente recuperate, abbassando l’imbarazzante tasso di recidività del nostro sistema penale.
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